mercoledì 26 dicembre 2012

cose da fare prima che ...

Ah, no: il mondo pare non sia finito.

Ma il mondo potrebbe finire da un giorno all'altro, un giorno o l'altro, in un giorno o in un altro. Senza che Nostradamus l'abbia scritto, che i Maya si siano rotti le balle di compilare un calendario totalmente diverso dal nostro o abbiano mai sognato qualcosa di vagamente simile alla nostra esistenza.
Senza che nessuno ce lo dica.
Senza nessuna previsione.
Senza nessun mistero.
Senza favole.

Anche se - forse - se non è finito stavolta, non finisce più.
Come certi rapporti personali, come certi affetti saturi di menzogne; soffocati dalle apparenze, nere come lo smog. O altri: altri rapporti che proprio non potrebbero essere, ma che non finiranno mai, che hanno una data di scadenza sin dall'inizio, che vivi con la scadenza tutto il tempo, e li fai deperire prima, perché li vivi in un funzione della loro fine. Presunta, a volte. Deve finire, lo sai. Ormai sta finendo, ma improvvisamente capisci che non finirà mai, se non finirà quel giorno. 
Invece altre cose finiscono, finiscono e basta. Per scarsa volontà, perché sopravvivevano per inerzia, per numeri civici contigui, per pigrizia del genere umano, per necessità di condivisioni pendolari. Per le abitudini, insomma. Per la quotidianità. La normalità. 
Se il mondo fosse finito il 21 dicembre, come sarebbe finito? Nella normalità.
Nella fretta di un accumulo di auguri di sconosciuti taggati sotto una foto di un gatto addobbato per le feste.
Nel messaggio inviato a tutta la rubrica "Buon Natale".
Nell'indifferenziata raccolta di contatti umani scontati.
Nelle scadenze che ci assillano.
Nei libri che non riusciamo a leggere.
In quelli che non siamo riusciti a scrivere.
Nelle paure.
Di nuotare.
Di amare.
Di guidare.
Di fallire.
Sarebbe finito mentre amavamo la persona giusta (o quella sbagliata).
Mentre sorridevamo, facendo uno sforzo notevole, sentendo l'ennesima stronzata pronunciata dalla solita bocca egoista.
Mentre mandavamo a fanculo, finalmente, la solita bocca.
Mentre sorridevamo e ci meravigliavamo che il sorriso che avevamo di fronte, stranamente goffo, fosse di nuovo - di colpo - il sorriso più bello che questo mondo ti avesse donato e che volesse riproportelo prima della fine. 

Che poi un mondo che finisce, come finisce?
è una fortuna essere gli ultimi?
è un privilegio essere quelli della fine del mondo?
Ma se il mondo finisce ... io non troverò mai i miei personaggi, giusto?
Ehi tu, mondo, stai finendo per impedirmi di scrivere?
Ehi tu, mondo, stai finendo per salvarci dalle persone che hanno dimenticato Meucci e il telefono che ha inventato? 
Ehi tu, mondo, stai finendo perché i rapporti tra le persone sembrano essersi appiattiti in un agglomerato di tag? di connessioni che ti connettono dappertutto a tutti e tutto? che sì: gli scrivo, tanto mica pago?

Ehi tu, Mondo, ma ti sei mai reso conto che c'è un altro mondo, oltre l'acidità di stomaco, oltre l'indigestione delle feste, oltre i messaggi tutti uguali, dietro un sorriso vero, tra le braccia operose delle famiglie, dietro i volti sconvolti per l'ennesimo regalocheconmenonc'entraniente.

Io non lo so se lo sai, ma siamo sopravvissuti alla tua fine, per adesso, e al Natale, a quanto pare.
Ma 'sta finendo un altro anno, senza apparenti misteri.
(o almeno così sembra)




venerdì 9 novembre 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #18

Quando ero piccola, mi sono rifiutata di frequentare la scuola materna. Ho strappato la camicetta di mia madre quando ha provato a lasciarmi in braccio alle maestre e ho dovuto fare un test psicoattitudinale per poter entrare alle elementari. Non sono mai stata una persona facile, lo ammetto, ma ho sempre affogato i miei problemi nell'estathè.
Diciamo pure che, per quanto questo sia nocivo, poteva andarmi peggio.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Sviolinathè
Essere sopravvissuta alle scuole dell'obbligo nonostante le premesse è il mio fiore all'occhiello: ho scalato il livellometro della socievolezza contro ogni aspettativa. Alle elementari avevo solo un'amica, al liceo quasi dieci. Poteva andarmi peggio e questa cosa me la sono ripetuta ossessivamente in ogni ambito della vita. E' una scusa tipica, è il confronto con il peggiore, è la giustificazione per tutte le mancanze.
Mamma, poteva andarti peggio, no? Potevo essere una tossica, vendere la collanina d'oro del battesimo per comprarmi un cd di Gigi D'Alessio, mangiare le caccole tirate fuori dal mio naso, essere piromane, aspirare a diventare un'assassina, avere fidanzati musicisti...”
Ecco, se fossimo in una pagina della Settimana Enigmistica, direi che, tra le precedenti affermazioni di difesa, ce n'è solo una che non ho mai potuto usare, in quanto fatto reale di pessima virtù. Indovinate quale.

Secondo me, tu sei il tipo che si mangia le caccole...”
Che cosa hai detto?”
Paganini non ripete”
Ecco, Niccolò: ci mancavi giusto tu”
Vuoi per caso darmi fuoco?”
No, non era nemmeno la piromania, il problema. Quello che ho fatto di terribile, nella vita, è stato innamorarmi di musicisti...”
Ti ricordo che stai dicendo queste cose in presenza di un violinista d'antan

Niccolò Paganini vive con me da una quindicina di giorni e, in questo momento, dopo la mia affermazione, mi sta minacciando con un taglientissimo archetto, ma non otterrà il mio silenzio. Non mi impedirà di dire ciò che penso: ovvero che il musicista è un esemplare particolare di uomo, una persona apparentemente normale che, però, può trasformare la nostra vita in un inferno. Quando ci costringe a raccontargli le cose a tempo con il metronomo, per esempio, così che lui possa ascoltarci in maniera costruttiva; oppure quando ci chiede “Secondo te di cosa parla Rimini di DeAndrè?” ed è il secondo appuntamento e abbiamo diciassette anni e ci sentiamo come all'interrogazione di italiano, sotto stress e alla ricerca della sufficienza.
Il musicista è una figura mitologica, confusa e mutante, che può anche essere una chiavica a suonare o un cesso a pedali, ma dobbiamo sapere che quando quell'esemplare di maschio di cui ci siamo innamorate salirà sul palco, orde di donne si allontaneranno dai loro semplici e banali compagni, che giocano al fantacalcio nel loro massimo picco di creatività, per andare a desiderare il nostro, come se fosse Lennon, Cobain o Mick Jagger. E' la sindrome della groupie, di cui purtroppo soffre la quasi totalità del genere femminile.
E' il motivo per cui siamo pronte ad imparare ad analizzare testi e melodia, manco fossimo delle critiche musicali; il motivo per cui abbiamo trasformato la bocciatura all'esame in un pezzo hip hop; il motivo per cui fingiamo di canticchiare un'aria della Traviata sotto la doccia quando lui ci urla dall'altra stanza “Che canti?” (e, invece, nella migliore delle ipotesi, ci stavamo dimenando con Single Ladies di Beyoncé).

Ai miei tempi, non funzionava così”
Paganini, non mi dire che non avevi groupies...”
Avevo un caratteraccio, una cattiva reputazione, girava voce che avessi fatto un patto con il diavolo...”
Se fossi nato nella seconda metà del novecento, saresti stato un sex symbol...”

Da quando è arrivato, Paganini non ha fatto altro che suonare e bere il mio estathè. Non ha fatto altro, giuro. Credo sia il contrappasso, la punizione, l'onta per aver avuto un paio di fidanzati musicisti: l'equivalente della cirrosi epatica per gli alcolisti o della broncopneumopatia per i tabagisti.
A noi ex fidanzate ci tocca ospitare Niccolò Paganini.
E' tutta colpa del vescovo di Nizza che non ha voluto che il suo corpo fosse seppellito in luogo sacro, a causa di quella storia sul diavolo e della sua condotta poco religiosa, se lo spirito di Paganini incombe su tutte noi.
Come antidoto, ad oggi, faccio compilare un'autocertificazione agli uomini prima di innamorarmi, nella quale giurano di non aver mai suonato nemmeno il triangolo.

Guarda che il triangolo è uno strumento sottovalutato”
Niccolò, non fare i capricci...”
Se non posso fare i Capricci, me ne vado, ma sappi che sentirai la mia mancanza. C'è gente che pagherebbe oro per ascoltarmi suonare tutto il giorno. Poteva andarti peggio, no?”

E' vero, sì. Una delle cose che Niccolò ha detto è profondamente vera, ma non dico quale. Lascio che siate voi ad indovinare.

Vostra,
Iris.

mercoledì 31 ottobre 2012

cose da fare prima che il mondo finisca #1

1. Cercare di capire quali cose possano essere realizzate prima che il mondo finisca;
2. stilare un elenco delle suddette;
3. impedire a qualsiasi essere umano di scrivere in burocratese quando il testo non lo richieda;
4. considerare sempre le dovute eccezioni;
5. concentrarsi sull'elenco;
6. pensare che suddetto elenco - vedi punto 4 - possa, in realtà, avere una certa utilità nel caso in cui il mondo - suddetto mondo - non finisca ma subisca una certa riduzione;
7. auspicare che non si tratti di una riduzione ai minimi termini;
8. trovare le cose positive di questo suddetto - e detto anche sotto - mondo e pensare di salvarle prima che il mondo finisca;
9. porre fine a scempi di ogni tipo;
10. Insegnare, per esempio, a Silvio Berlusconi a dire la parola "tecnico", quindi insegnare a suddetto - difiancodetto - Silvio Berlusconi a pronunciare il gruppo consonantico -cn- evitandone la realizzazione in assimilazione consonantica. Oppure fargli notare che la forma teNNico tende a connotarlo o come vecchio - si sente vecchio, lei, Silvio? - o come macchietta - si sente macchieta, lei, Silvio? - teNNIcamente, parlando.
O così. potrebbe sembrare, perché chi scrive su questo blog non ha nessuna competenza in materia.
Sono cose teNNiche.

11. il punto dieci risulta - in fieri - punto primo delle cose da fare prima che il mondo finisca.

Esempio.
Ascoltare attentamente la pronuncia della parola 'tecnico' di Silvio Berlusconi, qui resa faticosamente:
http://www.youtube.com/watch?v=yPZBjk13_DQ&feature=relmfu



ps si veda a tal proposito: http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=8683&ctg_id=44

questo blog ringrazia SB per la partecipazione.


martedì 23 ottobre 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #17

La gente smette di fare un sacco di cose, continuamente. La gente smette di mangiare, di bere, di fumare, di dormire, di chiamare, di lavare i vetri, di leggere il giornale, di buttare le gomme per terra. Con un po' di buona volontà si può smettere di fare qualsiasi cosa. Basta impegnarsi.
Questo pensiero continua ad essere anche per voi, cari amici piccioni.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Diethè
Tredici anni fa, ho smesso di suonare la batteria. Non che la suonassi da tanto tempo né che fossi questo granché, ma la suonavo e ho smesso per un problema caratteriale che diventava stilistico al cospetto delle varie pelli da percuotere: ero troppo gentile con i tom, chiedevo perdono al rullante per averlo picchiato troppo forte e correvo a scrivere lettere di scuse ai miei vicini per il riverbero dei piatti. 
Era uno strumento che non faceva per me, quindi ho smesso.
Ho suonato anche nella banda del mio paese, con le mostrine e il cappello, ma soprattutto con Oris qualche fila più avanti che si esibiva con un sax soprano, ancora più piccolo di lei, e con un frangia talmente gonfia che sarebbe potuta decollare.
Ma non siamo rimaste musiciste. Non eravamo portate.
Me ne ero accorta già ai tempi, ma l'ho rispolverato quando mi sono rimessa dietro ad una batteria, pochi giorni fa, e ho suonato un quattro quarti che nemmeno la più scolastica delle rigidone: non sono riuscita a non pensare al fatto che 4/4 equivalga ad un'unità e non sono riuscita ad accettare di non saper suonare un tempo dispari.

Se fosse stata più consapevole dei rischi a cui andava incontro, lei avrebbe accettato di cambiare regime...
Una voce fuoricampo con la erre moscia non l'accetto...”
Sono Pierre Dukan, mi devi accettare per forza perché io sono il maestro dell'accettazione...”
Nel senso di sbozzatura? Accettatura? Taglio di scure? Modellazione con alabarda?”
No, non senso di dieta.”
Pensi che io debba dimagrire?”
No, penso che tu debba smettere di bere Estathè.”

Su quella frase, orde di proteine hanno rullato di felicità, cortei di carboidrati hanno manifestato in piazza e cesti di frutta e verdura hanno perseverato a pensare solo al loro orticello. Non ci sono quattro quarti nell'alimentazione, non c'è unità, né in tempi pari né in tempi dispari.

Senti, Pierre, a parte che la Dukan è stata tacciata di qualunque cosa, anche di procurare l'aumento di rischio di cancro al colon retto; ma posso, secondo te, prendere sul serio l'opinione di un uomo che divide la sua dieta in periodi, di cui il secondo si chiama crociera?”
Tu devi prendere sul serio la mia opinione perché io ho aiutato un sacco di gente ad essere felice...”
E sei stato pure radiato dall'albo dei medici”
E' stata tutta colpa dei carboidrati e delle loro lotte in piazza. I carboidrati sono dei facinorosi!”
Comunque, tu e la tua erre moscia state perdendo il vostro tempo qui: è più probabile che io ricominci a suonare la batteria in duo con il mio amico Manganese piuttosto che smetta di bere Estathè
Non si deve mai ricominciare a fare niente dopo il consolidamento raggiunto: si chiama stabilizzazione. Nella vita, si deve solo smettere di fare le cose, mai ricominciare. E poi non fidarti del manganese, il manganese puro è tossico”
Certo, fidiamoci solo delle proteine: i succulenti pezzi di carne sono sempre destinati al successo...”
E' sarcasmo questo?”
No, è ora che te ne vai!”

Nella mia vita, ho smesso di fare un sacco di cose: ho smesso di bere il caffè, di seguire il calcio, di mettere i libri in ordine alfabetico e di mangiare le patate dolci; ma ho anche ricominciato a fare un sacco di cose: ho ricominciato a mangiare il formaggio, ad andare sui pattini, a guardare Sanremo e a scrivere a mano.
Conto di smettere e ricominciare ancora miliardi di affari, ma nessuno di questi ha a che fare con l'Estathè, anche se lo so che è un chimicone pieno di zuccheri che non fa bene al mio organismo.
La vita di tutti quelli che conosco è piena zeppa di dipendenze che non sono risolvibili a colpi di rinunce forzate, di proteine o di letteratura (sì, sto pensando a Jonathan Safran Foer). La vita di tutti quelli che conosco è in esubero di massa, ma ognuno di noi si tiene strette le sue peculiarità come se fossero doni.
E' tutta colpa della forza gravitazionale.
La massa è solo una povera proprietà intrinseca, come l'Estathè.
E' la forza gravitazionale che la fa diventare pesante come piombo.
Sulla luna, le nostre dipendenze peserebbero meno.
Sulla luna, io sarei una gran batterista.

Peccato non vendano Estathè, altrimenti, mostrine e cappello, sarei già lassù.

Iris.

lunedì 22 ottobre 2012

guerre di logoramento in fila al supermercato

l'infelicità degli altri ci farà passare delle dolci notti, appostati a rubare rabbia agli angoli delle strade. bevo le tue parole sul dilaniamento dell'anima perché non ho niente di meglio da fare la sera. abbiamo letto i prezzi dei ristoranti della cosa giusta, delle battute tristi (a conferma dell'impossibilità di un dio), del buon gusto per il cattivo gusto dei silenzi in cene costose dei giorni delle tradizioni da rispettare delle voci da bambini che saremo sempre senza esserlo stati mai.
urliamo fino a squarciarci la gola, ma i vetri del ristorante non si scomodano neanche a tremare. non ci resta che chiedere mogi l'elemosina all'uscita. cercherò nei tuoi occhi a spillo le risposte e mi illuderò come tutti gli altri illusi che il nostro sia un a***e di chewingum. non degradabile. per vincere la fame. mi attaccherò con i pugni alla felpa che non lavi da giorni raggruppati in settimane per non lasciarti andare in guerra. senza di me. ti inonderò di informazioni inutili perché è quello che sta scritto nei miei manuali americani. che non era tanto per dolore quanto per sconfiggere gli inviti per uno.

una volta ho percepito il disagio per le canzoni tristi e ho pensato che cambiare paese non sarebbe stato abbastanza.

martedì 9 ottobre 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #16

Nella mia casa vecchia, avevo un cassettone per la serranda che era la sala da ballo privata di un paio di rondini. Loro erano la mia sventura e il mio orgoglio, visto che avevano una vita sociale da far invidia, che si protraeva tra pigolii e zampettate fino all'alba, impedendomi di dormire.
Nella mia casa nuova, non ho serrande, ma ho i piccioni. Stramaledettissimi piccioni.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Essere John Fruscianthè
L'altro giorno ero sul balcone della mia cucina con Pezzetta, il mio coinquilino igienista, a studiare metodi per non ospitare più i piccioni o, per lo meno, per convincerli a pagare l'affitto. Avevamo appena finito di posizionare girelle, buste di plastica, chiodi, cd di Povia e una riproduzione di un gufo reale (loro acerrimo nemico), quando Oris mi ha chiamato da sotto la doccia perché aveva paura di affogare dopo aver sganciato la porta di vetro del box, facendola uscire fuori binario.
Ancora mi chiedo come abbia fatto, visto che Oris è alta quanto lo sportello del pensile basso dalla cucina, ma fatto sta che, in quel momento di pericolo e umidità, i suoi capelli erano come quelli di Lotte, la moglie animalista del burattinaio Craig Schwartz.
L'ho attaccata subito, parlando della differenza tra un sistema numerico posizionale in base 2 e il binario 9 e ¾ della stazione londinese di King's Cross, motivando le mie scelte antivolatili con la manfrina del libero arbitrio. Spaventata dalla mia foga, Oris si è messa a correre verso lo sportello del pensile basso della cucina, quello in cui conservo le mie scorte di Estathé e ci si è nascosta dentro.
Dopo un minuto, una voce ha invaso la stanza.

Sono Jack Frusciante”, ha detto.
Jack? Ma non ti chiamavi John?”
John Frusciante, sì. Infatti volevo dire che sono Jack White”
Si, ma pure Jack White in realtà si chiamava John.”
Allora sono Jack Black.”
Pure quello è un nome d'arte”
Iris, lo sai che scassacazzi come te ne ho conosciute poche? E lo sai che pure Iris è uno pseudonimo di merda?”
A parte il turpiloquio, senti Jack Daniels, ho un problema con i piccioni...”
E con la merda dei suddetti.”
Già, ma vorrei che la chiamassi guano.”

Abbiamo scoperto che se ti infili nel pensile basso della cucina, bevi un bicchiere di Estathè di straforo e senti una canzone dei Nirvana al contrario, entri nella testa di chi vuoi per 15 minuti. Siccome Oris è una grande comunicatrice, l'abbiamo convinta a entrare nella testa di un piccione e a parlare a tutti gli altri di un progetto web in crescita: smetteredicacare.com (a cura di un certo Bob UkuLele, genio sconosciuto ai più).
Il comunicato stampa parla di metamedicina e possessività e di come la stipsi possa essere un metodo di forza e di accumulazione per combattere l'odierna valanga di informazioni inutili e non richieste che, molto spesso, fa più danni del guano.

Però non dite guano, dite merda”, c'ha suggerito John Holmes collegandosi con un jack.
Con i vostri modi gentili ed educati, mi avete fatto schiattare due anni fa, senza un goccio di concime”.
John Holmes era il mio olmo bonsai e la sua voce torna a trovarmi solo raramente, perché lui è stato uno dei miei errori più grandi: un ossimoro imperdonabile.

Alla fine della giornata, i capelli di Oris erano vaporosissimi e la sua eccitazione in seguito alle ingenti quantità di Estathè bevuto era incalcolabile.
Io e Pezzetta abbiamo ricamato una maglietta con l'indirizzo internet del sito e l'abbiamo fatta indossare al gufo reale, ma non sappiamo se tutto questo basterà.
In compenso ci sentiamo sempre in bilico tra un film di Hitchcock e una centrale energetica a biomasse.

Il guano è una risorsa”, ci ha detto Lotte mentre giocavamo a blackjack. 
Quindi l'abbiamo infilata nel pensile degli Estathè.
Perché quello, invece, sì che è una risorsa.

Sempre vostra,
Iris.